Le parole sono indispensabili per creare immagini.
Più macino caratteri alfabetici, più penso per immagini.— Alessandra D’Amico
Esiste una connessione tra parole e immagini?
Quanto è importante che i bambini e gli adulti abbiano accesso a un ambiente sicuro e stimolante per nutrire la loro fantasia?
Abbiamo fatto queste e altre domande ad Alessandra D’Amico, illustratrice di talento, insegnante appassionata e architetta. Oltre a curare numerosi progetti, che potete scoprire su The Pink House Graphic, è anche l’autrice della newsletter Unisci i puntini, dove esplora connessioni tra libri e immagini, raccontando il potere evocativo della lettura.
Abbiamo pensato a lei perché il suo lavoro rispecchia perfettamente il nostro intento di creare uno spazio per le storie e la fantasia.
1) Il tuo percorso spazia dall’architettura all’illustrazione e all’insegnamento. In che modo queste diverse discipline si intrecciano?
Senza dubbio attraverso la progettazione. Non riesco a combinare molto se prima non elaboro un progetto. Nell’insegnamento ormai è diventato fondamentale, si progettano unità didattiche che ricoprono un intero anno scolastico. Per l’illustrazione è lo stesso: occorre una visione d’insieme da sviluppare.
A volte diventa anche una condanna perché sono portata, per formazione, a pianificare anche una singola illustrazione all’interno di un progetto più ampio, e questo costa tempo e fatica. Sto provando a lavorare in maniera più estemporanea su cose fini a se stesse, fatte per puro divertimento.
2) Nella tua newsletter “Unisci i puntini”, parli di libri “senza figure” che però sono pieni di immagini, se guardati con attenzione. Puoi raccontarci com’è nata questa idea?
Negli ultimi anni la quantità delle mie letture è aumentata in maniera esponenziale, non so perché, semplicemente è successo. Sono diventata più curiosa e ogni lettura mi rimandava ad altri dieci libri. Mi sono appassionata agli epistolari che sono un miniera di curiosità letterarie e in uno di questi, tra Paul Auster e Coetzee, ho trovato un aneddoto che rappresentava l’epilogo nella realtà di un racconto di Auster e che si legava anche a un momento particolare della mia vita. Ho cominciato a far attenzione alle connessioni che i libri mi rivelavano, a volte in modo sorprendente, e le ho appuntate. La storia di Paul Auster è stata la puntata #01 della newsletter, ci ho messo un anno per decidermi a inviarla, poi ci ho preso la mano e ho deciso di portare avanti quest’abitudine mensile perché mi resti qualcosa di concreto di quello che leggo.
3) L’architettura ha una sua grammatica visiva e spaziale. Come pensi che questa competenza possa arricchire il modo in cui approcci la creazione di illustrazioni o il racconto di storie attraverso immagini?
Partendo dall’alfabeto dell’architettura, ovvero dalla composizione.
Quando frequentavo l’università i primi due esami di progettazione architettonica erano esami di “Composizione”. Si lavorava sulle figure, sugli equilibri visivi ma anche sulla trasformazione dei vincoli di un luogo in opportunità progettuali. Questo mi ha insegnato a capire quando visivamente c’è qualcosa che non funziona e a fronteggiare richieste di illustrazioni su temi complessi o lontanissimi da me.
4) Come vedi il rapporto tra parole e immagini? È sempre necessario che coesistano o credi che, a volte, le parole possano essere sufficienti per evocare immagini potenti?
Le parole sono indispensabili per creare immagini. Nel tempo ho notato che le idee si accendevano dopo una serie di letture molto più che dopo aver scrollato Pinterest all’infinito…
Io funziono nel modo raccontato da Calvino nella lezione americana sulla Visibilità: più macino caratteri alfabetici e più penso per immagini.
5) Il nostro progetto, “Storie che abitano qui”, mira a creare uno spazio magico per raccontare storie di ogni genere. Secondo te, quanto è importante che i bambini e gli adulti abbiano accesso a un ambiente sicuro e stimolante per nutrire la loro fantasia?
Tantissimo. Non è importante, è un diritto. Per questo la scuola, le biblioteche, gli spazi pubblici devono essere quanto più aperti a bambini e ragazzi. Penso a orari prolungati, ad attività stimolanti perché non tutti hanno la possibilità economica né famiglie con gli strumenti culturali per accedervi. Chi deve veicolare questi spazi magici se non gli educatori e le educatrici?
6) Hai qualche consiglio su come possiamo aiutare le persone a sentirsi rappresentate attraverso le storie che raccontiamo?
Raccontarne tantissime e diversissime.
7) Quali sono i tuoi podcast preferiti?
Ascolto da sempre Copertina di Matteo B.Bianchi che è il podcast sui libri che preferisco in assoluto. Poi Il Mondo Invisibile con le interviste ai protagonisti del mondo dell’illustrazione.
Mi ha sorpreso Sonar, sul Post, che si occupa del linguaggio tra gli animali marini. Ho amato moltissimo l’audio-serie Mi dica tutto su Storytel, insieme ai podcast di Annamaria Anelli con la quale ho avuto la fortuna di lavorare, e che mi ha aperto innumerevoli mondi.